La svolta della comunicazione moderna

Come è cambiata la comunicazione dai primi del ‘900 ad oggi. Sembra quasi di essere di fronte ad un altro mondo. Ciò che sembrava inamovibile allora, e anche solo 40 anni fa, oggi non solo non lo è più, ma proprio non esiste.

Quando la comunicazione non era “vera comunicazione”

Prima metà del Novecento

Pubblicità nelle riviste e, in qualche caso, affissioni. Pochi slogan, molto incentrati sul prodotto. In alcuni casi, soprattutto all’estero o per prodotti esteri, si cercava di stuzzicare la vanteria maschile per la vendita. Le aziende in realtà non comunicavano, almeno non nella modalità a cui siamo abituati oggi a vederle. Le reti commerciali la facevano da padrone, anche perché non c’era una così grande offerta di prodotto e per stimolare la domanda bastava veramente poco. I miglioramenti in ogni ambito erano applicabili con facilità e lo sviluppo industriale post guerra ha senza dubbio facilitato questo percorso.

Fine anni ’60 e gli anni ’70

Per quelli della mia età questo periodo dal punto di vista della comunicazione vuol dire solo una cosa: Carosello, un insieme di piccoli capolavori del cinema prestati alla pubblicità. Era il momento del mercato italiano, aziende importanti e altre meno che iniziavano a costruire il tessuto economico che oggi troviamo. Si iniziavano a vedere (non perché prima non esistevano) quelle che oggi definiremmo PMI, aumentava il numero di imprese, così come la proposta di prodotti. I mezzi di comunicazione non erano poi così diversi da quelli della prima metà del 900; anche l’ingresso della televisione non ha così spostato gli equilibri. Fare uno spot aveva un costo importante, così come la programmazione, per cui la maggior parte delle aziende utilizzava ancora affissioni e giornali. Era cambiata la grafica, ma i contenuti erano più o meno i medesimi rispetto a qualche decina di anni prima.

Anni ’80 e anni ’90

Dopo i primi test degli anni 70, è in questo decennio che iniziano a trasmettere le televisioni commerciali. Questo abbassa il costo di trasmissione degli spot e aumenta la concorrenza per la realizzazione degli stessi. Diverse aziende trovano spazi per modificare la loro comunicazione, che si sposta verso un concetto “mordi e fuggi”. Lo spot di 30 secondi rispetto alle pubblicità stile carosello anche di 5-6 minuti spostano il focus della comunicazione dalla storia alla presentazione del prodotto.

Fino a questi anni la comunicazione è stata, in realtà, un misto di cortometraggi e pubblicità pura. 

 

Immagine coffee-cup davanti una tv
Immagine creata con AI

 

Verso la metà degli anni ’90 si inizia a vedere un timido tentativo di comunicazione: le aziende vogliono entrare in contatto con i propri clienti, cercano interazioni e abbozzano un’apertura per far capire chi loro sono. Questi sono però dei passaggi intrisi di paura (chissà cosa dicono i clienti se scoprono chi siamo) e l’apertura non è del tutto sentita.

 

La comunicazione moderna con l’avvento del web

L’abbandono di questo stile avviene abbastanza velocemente, aiutato anche dall’ingresso dei veri punti di forza della comunicazione degli ultimi anni, legati alla tecnologia: siti, social network, blog, newsletter, sms. Elementi magari un po’ sparsi, ma tutti con un legame forte del mondo web, sms inclusi. 

Si passa dalla comunicazione ad alta intensità “mi vedono in tanti” alla comunicazione ad alta frequenza “mi vedono anche in tanti posti”.

Questo ha necessariamente portato ad un miglioramento della qualità della comunicazione, dettata anche dagli innumerevoli consulenti che hanno iniziato a spingere sull’acceleratore del “Fate vedere chi siete e i clienti inizieranno a fidarsi di voi”. 

A questo proposito vi consiglio di leggere il Cluetrain Manifesto. Ne ho parlato in un articolo: non vi anticipo nulla, vi lascio la sorpresa, ma non ve ne pentirete.

Ecco che finalmente le aziende iniziano a comunicare veramente: parlano con il loro cliente, fanno capire chi sono, ammettono in maniera trasparente che il profitto è un obiettivo (si smette finalmente di demonizzare il guadagno), ma si cerca di trasferire il concetto che non può essere l’unico obiettivo, né il primo. Si rendono disponibili al confronto. Si iniziano a vedere trattati argomenti legati al sociale, all’ambiente, piano piano diverse aziende legano il proprio marchio a campagne di sensibilizzazione, alcune in maniera utilitaristica (e vengono penalizzate), altre in maniera più convinta. Si aprono fondazioni, si creano relazioni al di fuori del proprio ambito a sostegno di attività sociali.

 

A che punto siamo oggi

È ancora tanta la strada da fare per le aziende, sia perché c’è realmente molto in cui ci si può impegnare, sia perché sono ancora la maggior parte che considera interventi di questo genere solo perdite di tempo e di investimenti. In realtà queste aziende semplicemente non hanno una strategia da seguire, non comprendono che il rapporto tra loro e il cliente è cambiato, devono cambiare anche loro.

Il cliente da ora cercherà sempre l’azienda da cui si sente rappresentato, sta alle aziende fare in modo di essere trovate. Il coltello non è più in mano loro, quanto prima lo capiscono e cercano una propria strategia di comunicazione, di rapporto con il proprio mercato, prima si salveranno. 

Chi non fa questo passaggio, nel tempo è destinato a fallire. Non sono io a dirlo, sono i loro clienti.
Subscribe
Notificami
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments