Da qualche tempo inizio ad essere soddisfatto di come un ambito specifico della comunicazione viene affrontata dalle aziende: il sito web.
Non posso dire che si sia capito al 100% come dovrebbe essere affrontato lo sviluppo, ma diversi professionisti vogliono…qualcosa di più.
Si inizia a sgretolare il vecchio concetto-stampino con cui si sforna(va)no i siti: “ho visto questo sito, facciamo anche noi”, “mi hanno detto che …” o – la più bella di tutte – “voglio fare un e-commerce” senza sapere cosa comporta e senza valutare i costi rapportati alla propria attività.
Avete fatto anche voi quest’erronee valutazioni? Poco male, si può cambiare.
Quali domande porsi per creare un sito web efficace?
Prima di tutto, il sito a cosa vi serve? O meglio, il vostro sito attuale come viene navigato? Questa modalità di navigazione vi soddisfa?
Perché queste domande? Perché se già avete un vostro sito che per qualche motivo non vi soddisfa appieno e state valutando un cambiamento, dovete fare in modo che il cambiamento non sia solo estetico (servirebbe a poco), ma molto sostanziale.
Cosa fare per iniziare a sviluppare un sito fatto ad hoc
Come per costruire una strategia di comunicazione, fate una prima analisi dell’azienda: prodotto, distribuzione, posizionamento, concorrenza e altri fattori di mercato e di marketing. Questa indagine vi servirà per capire come dovrà essere sviluppato il nuovo sito.
Cosa evitare per non rendere il sito inutile
Ci sono comunque alcune accortezze che tutti dovrebbero seguire.
Quante volte avete visto siti strapieni di contenuti, di testi di spiegazione, foto e quant’altro?
Completi, certamente, ma navigandoli avete avuto queste impressioni:
- Spaesamento: cioè la difficoltà nel cercare e trovare i contenuti utili a voi;
- Delusione e irritazione: dopo minuti e minuti e ancora minuti di ricerca avete capito che non era il sito giusto per voi. Che spreco di tempo!
Come si è potuto creare un simile sito, è presto detto. L’azienda ha deciso di dire cosa per sé è importante e non cosa è necessario, utile, interessante vedere per lo sprovveduto utente.
È la scelta peggiore che si possa fare, ma anche la più diffusa.
I navigatori girano come trottole nel sito e poi escono: lo potete constatare dalle statistiche su Analytics.
Bastano i dati per costruire un sito di successo?
C’è una cosa che la statistica non vi potrà mai dire: perché sono usciti?
Le aziende sono convinte che il loro sito funzioni perché hanno un alto riscontro di persone che arrivano dal sito. Ma altresì non hanno una minima idea di quanti sono i potenziali clienti che entrano nel sito e non comprano. E il punto è che presa coscienza di quante persone entrano e non diventano clienti, quindi colto il dato, bisogna scavare a fondo sul perché il sito (quanto dite nel sito) ha generato resistenza.
Partiamo dalle regole per pensare ad un buon sito
Regola 1: il sito non può essere esaustivo
Se mettete tutte le informazioni possibili visibili al medesimo livello di priorità, lasciate al navigatore la responsabilità di trovarle (cosa non scontata) e, nel caso in cui non si ritenga soddisfatto di ciò che vede, lo lasciate uscire senza che abbiate una motivazione che vi aiuti a migliorare. Non potete lasciare in mano ad altri (il vostro potenziale cliente) il successo o meno della vostra azienda. Voi dovete guidare e supportare il cliente nella scelta. Se si sente solo, farà scelte che non sempre sono giuste né per voi né per lui.
Regola 2: i colori sono comunicazione
L’ho già scritto in passato: se vi piace il colore viola, ma per il vostro settore e per voi non è il colore giusto, il viola non lo usate. Al massimo, di quel colore, vi comprate un maglione. I colori devono rappresentare voi azienda e non il vostro settore merceologico. Soprattutto devono aiutare il navigatore nel muoversi nel sito.
Regola 3: l’e-commerce non è MAI la soluzione e tutti i mali
Vi racconto un esempio. Un’azienda mi chiede un supporto per il lancio di una settore aziendale che non fa parte del loro core-business, partendo dal lancio di due prodotti di alta gamma. Come al solito, al termine della mia proposta strategica propongo una serie di interventi a basso impatto di investimento per capire le problematiche che i prodotti avrebbero potuto avere e consiglio di fare delle operazioni di co-marketing così da avere (sempre con un basso investimento) le risposte direttamente da chi avrebbe utilizzato questi prodotti.
Ma qui esce la richiesta del cliente: facciamo un e-commerce. Vi domando: è un crimine così grande farvi consigliare da chi, in un particolare settore, ne sa più di voi?
Come si può pensare di improvvisare un e-commerce per avere il pieno controllo su come si vende il proprio prodotto on-line e per evitare che – appoggiandosi a marketplace esterni – venga copiata l’idea del prodotto.
Come si può pensare di improvvisare un e-commerce per capire se il prodotto va, se spacca, se funziona.
Sapete che perché si abbia un riscontro da un e-commerce, ci sono forti investimenti in AD online? Ci vogliono mesi e mesi di pianificazione, investimenti e misurazione.
Li ho lasciati al loro destino. Naturalmente l’e-commerce non l’hanno fatto e i prodotti non sono stati messi in vendita, hanno abbandonato l’idea.
La regola delle regole
Non sono le classiche regole, perché sono concetti basati sul fatto che per fare un sito di successo bisogna partire da idee chiare. Che nel mio gergo significa avere una strategia di comunicazione.
Un sito è uno splendido mezzo per entrare in contatto con i vostri clienti. Ma ricordate che voi non siete presenti quando potenziali clienti visitano il vostro sito. Dovete fare in modo di stimolarli a venire in contatto con voi.
Vi è capitato di muovervi in autonomia nello sviluppo di un nuovo sito web? Come vi siete trovati?