Come si passa da brand identity aziendale a personal branding dell’imprenditore

Articolo per me complicato per la mia idiosincrasia naturale per l’eccessivo utilizzo dei termini inglesi nel marketing. Cercherò di farmi forza.

In questi numerosi anni ho versato fiumi di parole sulla comunicazione aziendale: come dovrebbe essere fatta, come utilizzarla, vi ho spiegato perché oggi è imprescindibile per ogni azienda. Vero, però c’è altro, molto altro. 

Oggi parlo del passaggio dalla creazione di un brand aziendale al personal branding.

Non è un passaggio innaturale, ma altresì non è un evento che accade sempre. 

Ogni azienda ha, nell’ambito della comunicazione, l’obbligo di trasmettere il proprio valore prima di qualsiasi altro messaggio. Questo se vuole avere dei risultati duraturi. 

A noi clienti non interessa il prodotto nello specifico, se l’azienda non ci dà percezione di essere l’azienda giusta per noi, non acquisteremo mai il prodotto. Troppi sarebbero i dubbi: qualitativi, funzionali, di assistenza, e così via, semplicemente non ci sentiamo sicuri dell’acquisto.

Quando l’imprenditore, però, acquisisce importanza all’interno della propria attività al punto da cambiare la percezione che il mondo ha della sua azienda solo con la sua presenza, allora significa che il valore dell’azienda viene lentamente e definitivamente trasferito all’imprenditore.

La brand identity si sposta verso il personal branding

Luxottica, un esempio per tutti

Diversi sono gli esempi e non è necessario andare all’estero: in Italia credo che l’esempio più significativo arrivi da Luxottica e dal suo fondatore Leonardo Del Vecchio.

Luxottica credo la conosciate tutti, azienda veramente leader al mondo nell’ambito dell’accessoristica di abbigliamento con i suoi occhiali. Negli anni la percezione positiva (legata alla qualità) che il mondo aveva di Luxottica è lentamente cambiata da quando il suo fondatore ha preso decisioni legate al welfare aziendale che hanno stravolto il mondo aziendale italiano, spostando l’attenzione di tutti dall’azienda e dai prodotti alla persona:

  • spese sanitarie per i dipendenti pagate dall’azienda
  • possibilità di sostituzione temporanea con un famigliare di un dipendente in caso di malattia prolungata
  • libri di testi dei figli gratuiti
  • mense interne di altissimo livello qualitativo
  • riduzione delle giornate lavorative con il mantenimento dello stipendio (questa operazione messa poi in atto successivamente al suo decesso)
  • festa aziendale natalizia con cena con cuoco stellato e spettacolo musicale con artisti internazionali.

Questi sono solo alcuni interventi che Del Vecchio ha introdotto. Il fine comunicato era duplice:

  • era giusto sostenere i dipendenti che lo avevano aiutato a raggiungere il successo e
  • le preoccupazioni dei dipendenti influiscono sulla qualità della loro vita e sulla capacità di lavorare con tranquillità. Un dipendente felice lavora meglio e con maggiori soddisfazioni.

La figura di Del Vecchio ha preso talmente forza (aiutata anche dalla storia dell’uomo, una persona che si è fatta dal nulla) che si è iniziato ad avere dubbi che successivamente alla sua morte l’azienda sarebbe andata avanti con lo stesso slancio.

Del Vecchio è mancato da diverso tempo e, naturalmente, l’azienda è ancora in salute, ma è altrettanto vero che il mondo (con esclusione di quello finanziario) non ne parla più come prima. Leonardo Del Vecchio, consapevole oppure no, aveva spostato l’attenzione del mercato dall’azienda alla sua persona. Nel suo caso, con ottimi risultati.

Perché lavorare sul personal brand

Creare un proprio personal brand potrebbe diventare utile per diverse attività

  1. fotografi, ad esempio, che con le moltitudini di stili diversi avrebbero la necessità di far uscire la loro persona dall’attività che svolgono.
  2. I consulenti sono quelli che maggiormente tendono a sfruttare questo stile comunicativo, soprattutto sui social. In questo caso, però, non sempre il risultato è anche minimamente accettabile, tanto da essersi creato nel nostro settore il termine “fuffa guru” per identificare personaggi che si pongono come figure indispensabili per le aziende, ma che in realtà vogliono solo vendere i propri libri e corsi.

Questo per dire che c’è chi si può permettere di spingersi verso questo stile comunicativo, ma se non vi viene naturale lasciate perdere.

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